Tu


Da qualche settimana sto riscoprendo la profondità dei vecchi classici della musica italiana.
Quel background malinconico donato dallo stampo cantautorale dava vita a singoli che ancora oggi vivono vincendo il tempo. Mica come Emma Marrone.
Tu (dall’album Tu, Umberto Tozzi – 1978) è forse quella che più sto ascoltando in questi giorni, forse perchè più me la sento addosso.
Leggenda vuole che quando il cantante torinese era alla Numero Uno, etichetta fondata da Lucio Battisti, scommise con lui che avrebbe dominato le classifiche con brani in giro armonico di base. E nel 1978 infatti uscì Tu, motivetto estivo ed orecchiabile che fece lievitare anche le vendite dell’LP.
La canzone si apre con un dan dabadan, dabadan molto melodico per poi partire subito con la prima strofa.
Tu stiamo qui stiamo là 
c’è l’amore a cena e tu 
dimmi sì se ti va 
il mio letto è forte e tu 
pesi poco di più della gommapiuma 
In quale canzone di oggi un concetto come una cena romantica viene espresso con una metafora così profonda? C’è l’amore a cena.
L’antitesi tra la robustezza del letto e il peso della presunta amante apre lo scenario ad una possibile notte d’amore. Ma poi il colpo di scena:
tu perchè tu non ci sei 
e mi sto spogliando. 
Le fantasie dell’autore si trasformano in pura illusione. L’amore a cena, il letto robusto, la gommapiuma… tutto frutto della fantasia di un uomo che è rimasto solo e che a spogliarsi per andare a letto è l’unico. Il tema dell’amore abbandonato era molto gettonato in quegli anni già soggetti ad un’eredità (quella degli anni 60) abbastanza forte e ricca di pathos. Da questo punto di vista Tu non è per niente all’avanguardia e risulterebbe anche alquanto stereotipata se non fosse per la melodia accesa e vivace, che invece scarseggiava nei pezzi più romantici dell’epoca.
chi ti ha fatto entrare. 
tu, chi mi brucia sei tu 
e anche la mia marcia in più 
ed un po’ di follia 
L’autore si rivolge ancora alla donna chiedendole, retoricamente, chi l’ha fatta entrare nei suoi pensieri, nella sua vita. Ovviamente non a casa perchè è da solo. La retorica della domanda spinge a riflettere su come ci si trova spiazzati quando qualcuno entra senza chiedere il permesso nelle nostre vite e svegliarsi una mattina con il tarlo che l’unica persona di cui abbiamo bisogno è quella di cui si è innamorati. E’ come trovarsi il ladri in casa. Entrambe le cose generano lo stesso stupore.
E poi giù con un classico: chi mi brucia sei tu e anche la mia marcia in più. L’amore come arma a doppio taglio, nota sin dai tempi delle elegie latine.
Canterò e camminando sveglierò chi sta 
sognando più di me 
al mondo siamo io e te, ragazza triste. 
Canterò la pioggia perchè venga giù, il 
vento che si calmi un po’ 
il cielo perchè sia più blu e mi sorrida tu. 
Il ritornello è pura poesia. Ho sempre pensato che l’amore (e derivati) potessero essere descritti solo con i fenomeni atmosferici. Perchè l’unica cosa che, ancora oggi, l’uomo non è capace di dominare è il tempo, inteso come clima. La pioggia, il caldo asfissiante, i temporali, i tuoni… tutto incontrollabile,  come l’amore.
Ed è solo cantando che il nostro Umberto trova sfogo e prova a controllare con le note ciò che a parole non potrebbe mai. La pioggia che cade, il vento che soffia più leggero, il cielo che diventa più blu. L’amore. Tu.
 
 
 

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