Guida rapida per chiamare “imbecille” chi si lamenta della privacy nel 2020

Ciao, mi chiamo Francesco. Questo è il mio blog personale.

Di sicuro avrai cliccato sul tastone verde “Ho capito”, in basso, per eliminare quel fastidiosissimo banner a comparsa che ti impedisce di leggere bene.
Bene, in un solo tap hai permesso a Google e Youtube di salvare informazioni sulla tua sessione di navigazione (tranquillo, non farò nulla di strano con i tuoi dati, voglio solo permetterti di poter cliccare “Play” sui video del sito e tenere traccia di quante persone leggono il blog).

Uno dei modi più semplici per impacchettare, salvare, spedire e ritirare informazioni è attraverso l’utilizzo di un cookie.
Un cookie ha un nome, un valore, un proprietario e, come ogni altro biscotto, una data di scadenza.

Probabilmente sei arrivato qui cliccando sul link del post della mia pagina Facebook.
Vedi, Facebook per poter funzionare ha bisogno di almeno 5 cookies diversi. Ma possono facilmente aumentare fino a diverse decine.
Facebook utilizza i cookies per tutto. Per autenticarti, per popolare la bacheca di tutti i post delle persone che ti piacciono di più e soprattutto mostrarti le pubblicità (o inserzioni) più affini ai tuoi gusti.
Anche i tuoi gusti viaggiano attraverso un cookie.

Facebook sa chi sei, cosa ti piace, cosa potrebbe piacerti, cosa potresti acquistare. E lo sa da sempre, perchè tu gliel’hai sempre consentito. Per avere un account e poter utilizzare il social devi aver per forza accettato queste condizioni almeno una volta in passato. Quindi, sei ancora sicuro che Facebook sia gratis?

Ma non prendiamocela con Facebook, non è l’unica piattaforma a utilizzare questo meccanismo. Forse è solo quella che ci fa più soldi.

Le tue informazioni sono ovunque e condivise tra tutti i big del mercato digitale tra cui Amazon, Google, Youtube, Ebay e, volendo rimanere in casa Zuckerberg, Instagram e Whatsapp. Ma questo lo sai anche tu: quante volte hai ricercato un paio di scarpe su Google e ti sei ritrovato annunci pubblicitari ovunque?

Aprire un articolo su Repubblica.it significa accettare circa 20 cookies diversi. Cliccare su un link del Corriere della Sera, altri 22. Informazioni, gusti, preferenze, anagrafiche, tempo di navigazione, classifiche, voti.

Ma le informazioni non sono entità “statiche”, non ristagnano nei luoghi di partenza. Viaggiano. Da un sito all’altro. Da un social all’altro. E non sempre attraverso un cookie.

Senza scendere troppo nel tecnico, un’informazione può viaggiare anche attraverso un header.
Ogni volta che digiti una URL perchè vuoi visitare un sito, stai inviando una richiesta ad un server per accedere a quella risorsa. La richiesta, oltre alla URL, si compone anche di informazioni aggiuntive. Queste informazioni aggiuntive vengono racchiuse in una serie di headers.
Sì, un cookie è un tipo particolare di header. Ma ce ne sono anche altri, come ad esempio il Referer HTTP Header che conserva le informazioni sulla tua cronologia di navigazione.

E degli assistenti vocali vogliamo parlarne? Alexa, Google Home, Siri, Cortana tutti dichiaratamente “sempre in ascolto”. Comprare Google Home significa letteralmente piazzare un microfono in casa, sempre acceso, che riporta a Google che ti andrebbe di mangiare una pizza perchè l’hai appena detto alla tua ragazza, sul divano.

I meccanismi implicati in queste tecnologie sono ancora materia di discussione (a chi arrivano le conversazioni? vengono salvate? per quanto tempo? e come vengono usate?) ma internet è già pieno di articoli che mettono in discussione la trasparenza di queste tecnologie e dei loro produttori. E in alcuni casi i produttori hanno anche ammesso la colpa.

Quindi se non ho mai comprato un assistente vocale posso stare tranquillo? No, il tuo smartphone funziona esattamente nello stesso modo. Ti sta ascoltando anche adesso.
In questo caso, anche in assenza di ammissioni di colpa, su internet puoi trovare decine di esperimenti di esperti di cyber-security che hanno dimostrato, con successo, che pronunciare frasi ad alta voce nella stessa stanza in cui è presente uno smartphone aumenta notevolmente la possibilità di ricevere campagne pubblicitarie mirate sui prodotti oggetto della frase. Questo ne è un esempio. E se non sei ancora convinto, puoi anche leggere di quando Apple si è scusata perchè Siri registrava le conversazioni senza avviso.

Insomma, potrei parlare in eterno sugli infiniti modi in cui la tecnologia può ascoltare, salvare, elaborare, utilizzare i nostri dati anagrafici, preferenze, gusti per poi vomitarci addosso una pubblicità personalizzata o magari, la butto lì, influenzare le elezioni del presidente degli Stati Uniti d’America.

I nostri dati sono già ovunque. Google Maps che ti mostra il traffico in tempo reale. Instagram che ti suggerisce come follower una persona che hai appena aggiunto in rubrica telefonica. Amazon che ti invita a comprare la maglietta di cui parlavi con la tua amica.

La verità è che ci siamo già venduti. Proprio mentre leggi queste righe, un algoritmo da qualche parte sul cloud sta apparecchiando il tuo feed notizie di Facebook con tutte le cose che ti piacciono di più. E le acquisterai tutte, perchè ti sta bene così. Perchè ami tutte quelle cose e ami il fatto di non dover più faticare per trovarle. Arrivano dritte da te. Ami il fatto di poter andare in tutti quei posti che vedi su Instagram anche senza conoscere la strada, c’è Maps, ami non dover mettere ogni volta la password quando accedi su GMail, ami l’offerta personalizzata che McDonald’s ti ha inviato, ami tutto questo e non ti è mai pesato.
Mai.
Mai prima di oggi.
Prima che il Governo, per salvarti il culo, abbia deciso di utilizzare un’app per avvisarti quando entri in contatto con un contagiato.
E l’ha fatto nel modo più trasparente di tutti.
Ha anche rilasciato il codice sorgente.
Oggi no, hai deciso di preoccuparti della tua privacy.

Sei ancora convinto che qualcuno stia violando la tua privacy? Non posso darti dell’imbecille perchè non ti conosco ma spero che attraverso questo post e le poche, semplici nozioni acquisite tu abbia capito qual è la parte giusta in cui stare.
Infine, spero quindi tu possa aiutarmi a sostenere il mio scopo che non è quello di combattere i complottisti, ma di fare qualcosa di molto più rapido e appagante: insultarli.

E spero di averti dato tutti i motivi, la conoscenza e la voglia per farlo.


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